L’IMPORTANZA DI NARRARE

Pubblicato il: 28/04/2020

Il Digital Story Telling come strumento educativo

La storia di ognuno di noi è antecedente alla nostra nascita; già prima del nostro concepimento è disseminata nei sogni, nei desideri e nelle aspettative dei futuri genitori, poi nel grembo materno, dove ai movimenti fetali percepiti dalla mamma e dal papà vengono già spesso attribuite qualità del nascituro (“Scalcia come un piccolo prepotente!”, “È quieto come la mamma…”, “Ama star sveglio la notte!”, ecc..). Con la nascita anche il corpo fa il suo ingresso nel mondo, un mondo ancora indistinto, nel quale il confine tra se stessi e l’altro è ancora impercettibile. Grazie alla relazione ed al rispecchiamento col prossimo, o più precisamente col caregiver, colui che dà calore, protezione ed i feedback necessari al rispecchiamento, avviene il passaggio dalla relazione simbiotica a quella diadica, nella quale ci si inizia a percepire come esseri distinti e separati. La relazione, che non può prescindere dalla comunicazione, risulta dunque centrale nella “nascita” di ogni essere umano, poiché nella dimensione della reciprocità l’io e l’altro sono entrambi in gioco, scoprendosi co-costruttori di un benessere comune ed unico. Con l’avvento del linguaggio, aumenta di pari passo il bisogno di autonomia e di autodeterminazione, che si realizza anche attraverso la narrazione di sé.
Il bisogno di raccontarsi e comunicare è arcaico: sin dalla sua apparizione sulla terra, l’uomo ha cercato, prima con la produzione di pitture rupestri, poi con la condivisione dei propri racconti, di conoscere se stesso e l’altro, di tramandare qualcosa e di “alleggerire” la propria vita.
Il pensiero narrativo (Bruner J.S.) è infatti presente fin alla primissima infanzia, antecedente a quello logico-deduttivo, permette sia di interagire con gli altri che di dare senso alle esperienze vissute, situandole nel tempo e nello spazio.
Il racconto e la narrazione di sé sono dunque fondamentali nella costruzione dell’identità ed acquisiscono particolare importanza nell’infanzia e, più ancora, nell’adolescenza, durante la quale la definizione di sé serve a determinare anche la propria appartenenza. Ogni adolescente è infatti chiamato a realizzare quattro compiti educativi: la separazione-individuazione, la mentalizzazione dell’immagine del proprio corpo (o Sé corporeo), la nascita sociale e la definizione dei propri valori (Lancini M. e Adorno F., 2019). Queste tappe evolutive necessitano dunque di uno spazio espressivo ed esplorativo nel quale potersi presentare, rappresentare e riconoscersi e che si identifica, soprattutto, nel gruppo dei pari, nel quale ognuno ha la propria modalità di raccontarsi. Non a caso, nell’era digitale, il narrarsi attraverso i profili social rappresenta una palestra virtuale, ma non per questo meno tangibile, dell’immagine corporea e del sé, nella quale presentarsi al mondo, sebbene tale pratica possa essere foriera di rischi, soprattutto laddove siano presenti forti vissuti di inadeguatezza, chiusura o blocco evolutivo.
L’educazione, intesa come quella relazione che permette di crescere, riflettere su sé stessi e gli altri, scambiarsi esperienze ed aprire il proprio punto di vista, passa attraverso la costante narrazione e ri-narrazione di storie.
Quanto fino ad ora espresso, ci riporta all’importanza dell’utilizzo del racconto come modalità educativa, considerando anche il fatto che le moderne tecnologie forniscono strumenti differenti ed adatti a costruire e diffondere storie: lo “storytelling” ovvero il narrare utilizzando i principi della retorica e della narratologia nel processo di organizzazione e presentazione dei contenuti, diviene oggi “digital storytelling”, strumento ormai diffuso tra i contesti e gli ambiti più disparati, dalla pubblicità, al mondo del marketing aziendale a quello del tempo libero e della scuola. Ai fini dell’apprendimento il racconto, elaborato attraverso tecniche digitali che lo rendono ancor più appetibile, rappresenta un’ottima risorsa, poiché permette di organizzare il pensiero ed i contenuti all’interno di uno schema logico che coinvolge vari canali comunicativi (visivo ed uditivo) stimolando processi ed abilità cognitive, la memoria e la comunicazione verbale.
Esistono in proposito varie applicazioni, servizi ed ambienti di programmazione che, qualora ben conosciuti ed utilizzati, permettono la realizzazione di prodotti multimediali, che possono essere adattati ai vari contesti in cui vengono proposti.


Vi sono varie tipologie di storytelling digitale: quello più lineare, col quale si producono storie con un ordine cronologico ed eventi concatenati, quello non lineare, dove il fruitore può scegliere percorsi alternativi e differenti sviluppi finali senza necessariamente un ordine cronologico, quello adattivo, che consente di intervenire nel processo di costruzione della storia adattandola rispetto alle alterazioni causate dall’intervento del fruitore, che partecipa alla creazione di una porzione della storia e quello collaborativo, in cui la storia è generata da più persone che, a turno, spesso on line, partecipano alla creazione di una parte di essa.
Ultimamente, l’accresciuta sensibilità da parte della società e delle istituzioni verso i fenomeni di cyberbullismo ed i rischi legati all’utilizzo della rete, mi ha condotto, come esperta in materia, all’attuazione di progetti di prevenzione ed informazione all’interno delle scuole. Si svolgono sia con modalità più intensive (come nel caso dei PON strutturati alla fine della scuola), o durante l’anno e prevedono generalmente incontri col corpo docente, coi genitori e soprattutto interventi rivolti agli alunni della scuola primaria (generalmente IV e V), della scuola secondaria di primo grado e superiore. Durante tali incontri, condotti in circle time con l’utilizzo del brainstorming e dei giochi di role playing, oltre ad evidenziare i rischi ed a riflettere sulle corrette modalità di approccio alla rete, anche attraverso il potenziamento delle life skills, vengono presentate le opportunità educative e di apprendimento offerte, per lo più generalmente identificate dall’utenza soltanto con le modalità passive di ricerca di informazioni. Tra le varie e molteplici risorse, sono di facile fruizione alcuni programmi ed alcune App che permettono di creare “storie digitali” con le quali è possibile raccogliere, attraverso una modalità alternativa ed accattivante, il lavoro svolto in classe, dando magari agli alunni la possibilità di diventare i protagonisti e gli attori di quanto narrato. Generalmente, essendo i tempi a disposizione piuttosto limitati, utilizzo alcune App (Storyboard, I miei libri illustrati, Comica, Cartoon video camera) che è possibile acquisire sul proprio smartphone (Android) dal Playstore. Con tali strumenti è infatti possibile inserire in tempo reale, ed avendo anche solo due ore di tempo per svolgere tutta l’attività in classe, alcuni video o fotografie scattate durante il lavoro, che ritraggono generalmente le fasi dei giochi di role playing proposti, in semplici storyboard, che possono essere anche facilmente convertiti in fumetti ed ai quali possono essere aggiunti effetti sonori, musiche e didascalie. Ci sono inoltre ambienti di programmazione, sicuramente più sofisticati e più impegnativi da utilizzare, come ad esempio Scratch, che permettono di creare storie, presentazioni, animazioni, video game e molto altro.
Credo, in definitiva, che tutti coloro che operano nel campo dell’educazione debbano riappropriarsi del piacere e dell’opportunità fornite dal racconto, che può oggi essere co-creato ed utilizzato in molteplici maniere, sia per sperimentarsi ed arricchire le proprie proposte, che, soprattutto, per favorire modalità espressive e di apprendimento più efficaci, accattivanti ed al passo con i tempi.